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MAN ON THE MOON Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 aprile 2000
 
di Milos Forman con Jim Carrey, Danny De Vito, Courtney Love (Stati Uniti, 1999)
 
Se siete fra coloro che prediligono film inquadrati da capi e code doverosamente chiari e netti, da psicologie perfettamente ed immediatamente spiegate, situazioni che vi permettono di situarvi senza ombra di dubbio da una parte piuttosto che dall'altra, conclusioni prefabbricate ed accattivanti, lasciate perdere MAN ON THE MOON. Ma se vi stuzzica l'idea di un film che rimetta in questione le vostre certezze, destabilizzi i preconcetti che potreste farvi di un itinerario esistenziale come, perché no, dell'idea che vi fate di un film, accorrete allora ad uno dei più intelligenti degli ultimi anni, quello di Milos Forman.

Che l'autore di TAKING OFF, QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO o HAIR si sia lasciato sedurre dal profumo sottile della sovversione non meraviglia naturalmente più di tanto; e nemmeno che quello di AMADEUS e LARRY FLYNT abbia filmato una volta ancora la storia di un personaggio di successo che si urta alle idee precostituite ed alla morale imperante. Indagando, con l'occhio disincantato dell'immigrato slavo quel mondo dello spettacolo cosi pericolosamente in bilico fra realtà ed illusione; e, assieme a questo le contraddizioni della società americana.

Sorprende semmai, che abbia girato questo film cosi strano, incompiuto e giovane, per molti sicuramente insoddisfacente. Al tempo stesso, tranquillo e spregiudicato, classico e avanguardista, limpido ed ambiguo, rivelatore e sconclusionato; incerto e scostante come un film sbagliato, illuminato e affascinante come un capolavoro. Ma perché sorprendersi, poi? Ritratto di una figura delle figure più contraddittorie dello spettacolo americano - il comico Andy Kaufman che negli anni 70 divertì, scandalizzò ed esasperò la propria epoca - MAN ON THE MOON assomiglia come una goccia d'acqua al proprio protagonista. A sua volta, prodigiosamente incorporato nella meccanica lunare dell'attore che lo interpreta, Jim Carrey.

Autentico ed onesto, o mediocre e manipolatore? Non lo sapremo mai. Perché non sarà mai chiaro se l'America rideva per le trovate dell'entertainer atipico ed eccessivo, della sua vocina infantile e della mimica da ventriloquo di strapazzo; oppure di quella che riteneva essere la nullità del personaggio. Preoccupato, più che di far ridere, d'imbarazzare chi rideva di lui. Leggendo per una notte intera tutto il Gatsby di Fitzgerald agli spettatori esasperati; combattendo al catch, ma solo contro le donne, resuscitando un'ex ballerina novantenne, ma che aveva appena messo in scena la propria morte sul palcoscenico. Maestro della derisione e dell'arte di confondere le piste oppure banale svitato, Andy Kaufman si affermò proprio su quel suo modo di non esistere: esattamente come lui, sbandato, sfrontato ed infine commosso, il film di Milos Forman. Che segue nel più classico dei modi l'itinerario dei film del genere: ma che si costruisce tutto su l'equivoco provocato da quel vuoto d'identità, su quell'assenza di confini tra immaginazione e realtà, sulla destabilizzazione schizofrenica provocata da un personaggio che era arrivato a costruirsi un doppio. Un alter ego chiamato Tony Clifton, destinato e permettergli di sfogare quanto ancora gli restava di traverso: addirittura, in una delle sequenze più stranianti del film, di prendersi gioco della propria, prematura morte. Cosi, il film di Forman riesce a servirsi del proprio straordinario personaggio. Ma amplificandone i significati, in quei difficili confini tra il vero ed il falso, alla relatività dei valori morali e delle regole sociali. Da un universo nel quale è ormai impossibile distinguere chi mente da chi è nel vero, finisce allora per affiorare quella che è la forza, non necessariamente perversa dell'impostura. E di colui, folle perché umano o privilegiato perché artista, fuori dal gioco infernale delle regole riesce, come nel titolo, ad osservarci dalla luna.


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